Itinerari in cammino tra natura e cultura

Valle Grana: escursioni, storia e gastronomia

Piemonte

Passare una giornata in Valle Grana non è assolutamente sufficiente se volete scoprire tutte i tesori che nasconde queto schivo territorio del Piemonte. Una piccola e stretta valle, la Valle Grana, che si apre solo all’estremo ovest dei suoi confini naturali. I borghi montani che vivono la valle sono immersi in una natura selvaggia che, a volte, li nasconde alla vista dei visitatori.

Questo territorio custodisce sorprese grandiose, a chi ha voglia di scovarle: spettacolari panorami di alta valle, testimonianze storiche semi dimenticate ed eccellenze gastronomiche uniche, come il formaggio Castelmagno, uno dei formaggi più amati e rinomati del Piemonte, l’aglio di Caraglio e la rarissima farina Barbarià.

Tabella dei Contenuti

La Valle Grana

La Valle Grana

La Valle Grana è una delle valli più suggestive tra quelle cuneesi, ed è racchiusa tra le Alpi Marittime della Valle Stura e le Alpi Cozie della Valle Maira. La valle è dominata dal Monte Tibert (2647) e dal meraviglioso Santuario di San Magno, eretto a protezione di tutta la vallata.

Castelmagno è il borgo più rappresentativo della valle. Si tratta, in realtà, di un comune diffuso, perché costituito da diversi piccoli borghi montani, tutti caratterizzati, come spesso accade per i borghi di montagna, dalla tradizione per la produzione casearia.

Delle 16 località che anticamente facevano parte del comune di Castelmagno solo 8 sono, ad oggi, ancora abitate: Campomolino (dove ha sede il comune), Einaudi, Colletto, Valliera, Campofei, Nerone, Chiotti e Chiappi.

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Veduta di Campomolino

Santuario di San Magno

Eccezionale monumento storico e religioso è il Santuario di San Magno, dedicato a San Magno martire. Si trova ad una altitudine di 1761 m, e in estate, offre pernotto e ristoro ai pellegrini che arrivano in visita al complesso.

Se visitate il Santuario non potete non provare un profondo senso di commozione di fronte alle centinaia di ex voto che tappezzano da cima a fondo le pareti dell’edificio. La devozione che la popolazione del luogo ha nei confronti di San Magno è profonda; molti di questi ex voto testimoniano dei veri e propri miracoli e salvataggi avvenuti nei confronti sia di uomini che di bestiame (San Magno è infatti protettore del bestiame, principale fonte di sostentamento delle popolazioni locali).

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Facciata esterna del Santuario di San Magno

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Loggia laterale del Santuario di San Magno

ESCURSIONE

Giro di Punta Tempesta, Lago Tempesta e Cima Tibert

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Colle d’Esischie

DATI TECNICI DELL’ESCURSIONE

  • punto di partenza: Colle d’Esischie
  • dislivello positivo: 800 m circa
  • lunghezza del percorso: 13 km circa
  • tempo di percorrenza: 5 ore
  • tipo di escursione: ad anello 
  • difficoltà del sentiero: E
  • punti d’acqua: non sono presenti punti d’acqua

Per l’escursione di oggi mi spingo ai confini dell’alta Valle Grana e scelgo un percorso che comprende le due cime di Punta Tempesta e Cima Tibert, con una tappa relax al suggestivo Lago Tempesta. Ad essere del tutto onesti, poiché ci troviamo nella zona più settentrionale della Valle Grana, diversi punti di questo percorso fanno, in realtà, parte del territorio della Valle Maira.

L’escursione parte dal Colle d’Esischie, un valico alpino a 2370 m che mette in comunicazione la Valle Grana con la Valle Maira; il colle si raggiunge percorrendo una strettissima e tortuosa strada che sale su dal santuario di Castelmagno fino al rifugio Fauniera; da qui ancora un paio di tornanti e arrivate al punto di attacco del sentiero. Prestate attenzione alla strada, soprattutto in inverno: è strettissima e in alcuni punti del tutto esposta.

Iniziate il vostro cammino seguendo le indicazioni per Cima Tibert e dopo circa 1 ora di salita, costante ma dolce, immersi tra gli alpeggi di alta valle, arriverete al Colle Sibolet (2546 m), crocevia di diversi sentieri.

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Indicazioni per Punta Tempesta

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Colle Sibolet

Da qui, seguite le indicazioni per Punta Tempesta e vi ritroverete ad attraversare ampie zone di pascolo a perdita d’occhio, godendo, per tutto il tempo, della vista su Rocca La Meja che si staglia alla vostra sinistra. 

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I vasti alpeggi dell’alta Valle Grana

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Cresta di salita a Punta Tempesta

Raggiungete la croce di vetta di Punta Tempesta (2679 m), punto estremamente panoramico su un ampio tratto della Valle Grana e su parte della Valle Maira. Da qui, se guardate in basso, potete gode anche una vista preferenziale sull’omonimo Lago Tempesta, che si trova incastonato proprio alla base della montagna.

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Punta Tempesta

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Lago Tempesta

Per scendere fino a Lago Tempesta tornate leggermente indietro sui vostri passi e imboccate un percorso in direzione nord da cui parte una lunga discesa fino al lago. Inizialmente abbastanza dolce, la discesa si fa molto più ripida quando vi troverete Punta Tempesta alla vostra destra. Da qui bisogna usare un po’ di attenzione nella discesa e aguzzare la vista sui segni che, in questo tratto, diventano un po’ meno visibili.

La discesa un po’ impegnativa verrà ripagata dal vostro arrivo al Lago Tempesta (2347 m), un bacino di acqua isolato e completamente nascosto a nord dalle pareti spioventi di Punta Tempesta e Punta Piovosa. Una piccola oasi di pace e silenzio, dove vi consiglio di restare un po’ per godervi la serena quiete di questo punto assai nascosto alla vista e difficilmente raggiungibile. Io mi sono goduta il mio pranzetto proprio qui, seduta al sole e accompagnata dal dolce suono dell’acqua del lago mossa dalla brezza leggera che soffiava quel giorno.

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Riva di Lago Tempesta

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Colle Intersile

Dal lago dirigetevi verso ovest e risalite dolcemente in direzione di Colle Intersile, raggiunto il quale proseguite a sinistra per raggiungere la vetta di Cima Tibert (2647); qui potete gode di una vista spettacolare su tutta la Valle Grana. Purtroppo per me, quando c’ero io, il cielo era coperto dalle nubi e il panorama piuttosto limitato, ma in giornate di bel tempo avrete un punto di vista privilegiato su tutta la Valle Grana.

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Cima Tibert

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panoramica dalla vetta di Cima Tibert

Ora tornate indietro seguendo le indicazioni per Colle d’Esischie, passando di nuovo da Colle Sibolet e chiudendo, in questo modo, l’anello; da qui in avanti si ripercorre il sentiero dell’andata per tornate al nostro punto di partenza.

Le perle gastronomiche della Valle Grana

Ho scoperto che la Valle Grana è un territorio ricco di preziosi prodotti gastronomici, alcuni più conosciuti, come il formaggio Castelmagno, altri meno e alcuni quasi dimenticati. Tutti comunque caratterizzano fortemente il territorio, e la loro produzione viene gelosamente custodita dagli abitanti della valle.

Durante il mio piccolo tour mi sono imbattuta in tre di queste prelibatezze: il formaggio Castelmagno, l’aglio di Caraglio e la farina Barbarià; ovviamente non potevo resistere e ne ho approfittato per riportare a casa un prezioso bottino.

Se passate da Campomolino fermatevi a La Boutego Ousitano (la Bottega Occitana); in questo negozietto potete trovare moltissimi prodotti tipici della valle. È proprio qui che ho acquistato i biscotti preparati con la farina Barbarià e il formaggio Castelmagno.

Il formaggio Castelmagno

Il formaggio Castelmagno, simbolo gastronomico di questa valle, ha origini antichissime. Quasi dimenticato nel dopoguerra, è stato riscoperto in tempi recenti e la tradizione legata alla sua produzione è ora viva e protetta dalla Cooperativa Produttori “Alta Valle Grana”, che dal 2000 lavora con l’obiettivo di rendere il Castelmagno un prodotto di traino per l’economia e le altre produzioni di questo territorio.

Il formaggio Castelmagno è marchio DOP dal 1996 e il disciplinare prevede che il latte destinato alla produzione del Castelmagno provenga soltanto da tre comuni dell’alta valle: Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana.

La farina Barbarià

Tipico di questo territorio è quello di recuperare e valorizzare grani antichi e tecniche di coltivazione del passato. Uno di questi è la farina Barbarià, una farina definita “imbastardita” poiché derivata dalla macinatura di coltivazioni di cereali miste (60% frumento e 40% segale).

Ho scoperto che questa antica pratica agricola aveva lo scopo di rendere la farina di segale più digeribile, e oggi fa parte della rotazione temporale necessaria alla coltivazione dell’aglio di Caraglio.

Questa farina viene utilizzata per la produzione di ottimi biscotti, grissini e altri prodotti da forno.

L'aglio di Caraglio

Definito anche “oro bianco” di Caraglio, l’aglio di Caraglio ha rischiato di essere perduto, finché un Consorzio locale ha lavorato per recuperare l’ecotipo originario. Oggi, l’aglio di Caraglio, presidio Slow Food, viene coltivato da 7 produttori, quasi esclusivamente nel territorio di Caraglio.

Le sue peculiarità derivano dalla particolare composizione del terreno, dal clima (freddo e nevoso in inverno e fresco in estate), dovuto all’immediata vicinanza delle montagne, e dalle tecniche di produzione, attente al rispetto della terra e alla stagionalità del prodotto. Tra i prodotti della sua rotazione agraria troviamo la patata piatlina, il barbarià, le lenticchie, il grano saraceno, il mais pignolèt, il mais ottofile.

Tutte le aziende che producono questo prodotto seguono la metodologia di coltivazione biologica, anche se non tutte sono ancora certificate bio.

Dove mangiare a Caraglio

Se avete deciso di fermarvi a visitare Caraglio e volete fermarvi a mangiare qualcosa di buono vi consiglio un posticino scovato assolutamente per caso: lo Zot!

Si tratta di un localino molto alla mano, stile pub, semplice ma ben curato. C’è la possibilità di mangiare ai tavoloni esterni e la possibilità di ascoltare musica dal vivo (ovviamente nelle serate giuste: seguiteli sui social!).

Oltre ai tipici buger, ottimi e consigliati, la cucina prepara piatti caldi, molti dei quali preparati con ingredienti del territorio.  Vi suggerisco di assaggiare i Valgranotti al Castelmagno: dei gustosissimi ravioloni ripieni di Castelmagno, preparati dallo storico pastificio Isoardi di Caraglio.